Cass. Civ., Sez. I, 26 giugno 2023, sentenza n°18164
Con due separati ricorsi, poi riuniti, i ricorrenti (marito e moglie) hanno proposto reclamo, ex art. 111 Cost., avverso il provvedimento del giudice di prime cure con il quale era stata disposta l’acquisizione alla procedura fallimentare – ex artt. 25, comma 1 n°2 L.F. e 170 c.c. – di tutti i beni compresi nel fondo patrimoniale da essi costituito nel 2007. Tale fondo era composto dai frutti degli immobili ricevuti per successione, dallo stipendio del ricorrente quale dipendente della società fallita, nonché dai redditi del figlio, titolare di un’autonoma azienda.
Costituitisi in giudizio, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 64 L.F. e dell’art. 170 c.c. da parte del Tribunale. La difesa evidenzia che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente adottato un’interpretazione estensiva del concetto di “bisogni di famiglia” ricomprendo ogni obbligazione idonea a determinare un arricchimento indiretto della famiglia, e non la diversa interpretazione “restrittiva”. Inoltre, il Giudice delegato avrebbe ricondotto i debiti dell’impresa alle esigenze di famiglia.
Ebbene, la Suprema Corte ha evidenziato come il Giudice Delegato non possa disporre, fatta salva la revocabilità se ne ricorrano i presupposti, l’acquisizione, in danno del fallito, dei beni costituiti nel fondo patrimoniale, che rappresentano un patrimonio separato, destinato unicamente a soddisfare i creditori per i debiti contratti per i bisogni della famiglia, fra i quali non rientrano, di norma, i debiti contratti dal fallito nell’esercizio dell’impresa. Tanto più, continua la Cassazione, quando, come nel caso di specie, il provvedimento incida anche sul diritto del coniuge non fallito.
La Suprema Corte ha così fornito un’interpretazione restrittiva della locuzione “bisogni della famiglia”, tale da ricomprendere solo le obbligazioni contratte direttamente per fornire alla famiglia i mezzi per l’adempimento della propria funzione sociale, con esclusione di ogni forma di arricchimento indiretto della stessa, pronunciando il seguente principio di diritto:
“I beni vincolati in fondo patrimoniale non rispondono delle obbligazioni assunte, anche anteriormente alla costituzione del fondo, per bisogni estranei alla famiglia.
La locuzione “salvo quanto disposto dall’art. 170 c.c.” deve interpretarsi nel senso che i creditori concorsuali possono autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.
Il giudice delegato non può disporre, inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 25 n. 2 L. f. l’acquisizione in danno del fallito dei beni o costituiti in fondo patrimoniale che rappresentano un patrimonio separato non destinato a soddisfare i debiti contratti dal fallito nell’esercizio dell’impresa”
In conclusione, i creditori concorsuali potranno agire autonomamente in via esecutiva sui beni di cui al fondo patrimoniale, purché il debito sia stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che fosse stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.