Cassazione Civile, Sez. III, 1° dicembre 2023, ordinanza n°33546
Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte di Cassazione, in un’azione di responsabilità professionale esperita dal fallito nei confronti del perito stimatore nominato dal curatore fallimentare – ribadendo un principio già espresso in precedenti pronunce (ex multis, Cass. Civ., 11.10.2012, n°17367) – ha sostenuto che “il fallimento non determina la perdita della capacità processuale del fallito, ma la sostituzione del curatore al fallito che, seppur ancora parte del rapporto sostanziale controverso (Cass. Civ., n°6347/83), perde invece la sua veste formale limitatamente ai rapporti patrimoniali, mantenendola tuttavia se il curatore si disinteressa della res litigiosa, ancorché questa riguardi rapporti che ricadono nella massa (v. in particolare Cass. n. 4448/2012)”.
La Suprema Corte argomenta la pronuncia sostenendo che ogni utilità ottenuta dal fallito all’esito di una pronuncia giudiziaria favorevole si estende al fallimento e che ogni beneficio concesso non può essere limitato alla sfera giuridico-patrimoniale del fallito per il solo fatto che egli abbia agito in giudizio in via autonoma rispetto al curatore.
A tal proposito, la Corte di Cassazione – dopo aver evidenziato come il fallimento sia un evento neutro per il contraddittore in giudizio e per lo stesso giudice “non rilevando in causa se il fallito, stante l’inerzia del curatore, intraprende il giudizio per gestire utilmente il rapporto processuale in prima persona” – distingue gli effetti in caso di esito favorevole (o meno) della pronuncia ottenuta dal fallito.
In particolare (i) in caso di esito favorevole, i benefici ricadranno nella massa fallimentare, essendo “pienamente utilizzabile da parte della massa ove raggiunga un risultato patrimoniale utile, può essere azionata dal curatore “in executivis” quale perfetto e valido titolo giudiziale che il Fallimento acquisisce in forza del sistema di cui agli art 42 e 44 L.F. che gli fa obbligo di “profittarne” ( v. Cass., 11/10/2012, n. 17367; Cass. n. 2965/2003 )”; (ii) in caso di esito sfavorevole, invece, “inopponibile alla massa che resta insensibile alla vicenda e “inutiliter data” nei confronti di questa, non per espressa previsione dell’art. 43 L.F. che serba in proposito silenzio, ma piuttosto in ragione della regola del concorso formale e sostanziale, posta dal combinato disposto degli artt. 51 e 52 L.F. è pertanto azionabile nei confronti del fallito stesso allorché sarà tornato “in bonis“”.
La Suprema Corte ha concluso cassando con rinvio la pronuncia resa dalla corte di appello territorialmente competente in quanto, dopo aver riconosciuto la responsabilità, ha attribuito “immotivatamente” tale somma direttamente in favore del fallito, e non già in favore della massa fallimentare.