Cassazione Civile, Sezioni Unite, 25 febbraio 2025, sentenza n°4892
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4892 del 25 febbraio 2025, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.”.
Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute per dirimere un contrasto giurisprudenziale riguardante il diritto del locatore di conseguire il risarcimento del danno da “lucro cessante” in caso di risoluzione anticipata del rapporto locatizio per inadempimento del conduttore, in relazione ai casi in cui la restituzione del bene locato avvenga in data antecedente alla scadenza del contratto di locazione.
Il fulcro della questione riguarda la possibilità per il locatore di ottenere un risarcimento per i canoni non percepiti tra la riconsegna dell’immobile e la naturale scadenza del contratto, o almeno fino alla stipula di una nuova locazione. La questione, infatti, è stata in passato oggetto di un contrasto che ha visto contrapposti due principali orientamenti.
Il primo orientamento, maggioritario, riconosce al locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto per inadempimento del conduttore il risarcimento del danno derivante dalla anticipata cessazione del rapporto; danno che si sostanzierebbe nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto di locazione ovvero – se antecedente – al reperimento di un nuovo conduttore, ed il cui ammontare è riservato alla valutazione del giudice sulla base di tutte le circostanze del caso..
Tale indirizzo muove dal presupposto che l’intervenuto rilascio dell’immobile in favore del locatore non sterilizza il danno subito da quest’ultimo per il mancato pagamento del canone che gli sarebbe spettato fino alla scadenza del rapporto contrattuale. E ciò in quanto la mera restituzione dell’immobile, fino a quando lo stesso non viene di nuovo locato, non risulta idonea a soddisfare l’interesse del locatore al godimento indiretto dell’immobile. Detto interesse, secondo l’orientamento in esame, si identificherebbe con la possibilità, per il locatore, di percepire il corrispettivo pattuito a fronte della concessione ad altri della cosa locata.
Secondo altro orientamento minoritario, invece, in caso di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, una volta intervenuta la restituzione del bene locato, la mancata percezione dei canoni che sarebbero stati esigibili dal locatore fino alla scadenza del rapporto non costituirebbe un danno risarcibile: la re-immissione dell’immobile nella disponibilità del locatore, infatti, farebbe venire meno il presupposto, ossia il mancato godimento del cespite locato, a fronte del quale si giustificava il pagamento del canone locatizio. L’unico caso in cui il locatore potrebbe esigere il risarcimento del danno sarebbe sostanzialmente riconducibile a quello in cui, per le concrete condizioni in cui si trova l’immobile, la restituzione del bene non gli abbia consentito di poter esercitare, in via diretta (utilizzandolo) o in via indiretta (mettendolo a disposizione di terzi), il godimento di cui si era privato concedendo il bene in locazione a terzi. Il danno in questi casi andrebbe commisurato al tempo necessario per il ripristino dell’immobile quale conseguenza dell’inesatto adempimento dell’obbligazione di rilascio di cui all’art. 1590 c.c.
Nella pronuncia in esame le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno convalidato il primo indirizzo interpretativo, sia pure con delle precisazioni.
Partendo dalla configurazione stessa del contratto di locazione, le Sezioni Unite hanno innanzitutto ridimensionato l’impostazione secondo cui l’identificazione della “causa” del contratto di locazione riposerebbe sulla preliminare rinuncia da parte del locatore “al godimento diretto” della res locata. Tale impostazione, ad avviso delle Sezioni Unite, sarebbe riduttiva e non aderente alla “realtà contrattuale della locazione”, giacché non terrebbe conto di tutte quelle situazioni, assai diffuse nella pratica, in cui chi loca un bene non si priva semplicemente della possibilità di goderne direttamente, ma intende piuttosto utilizzarlo per trarne delle rendite o realizzare dei profitti. È questo, ad esempio, il caso di coloro i quali acquistano un immobile già locato o con l’intenzione di concederlo in locazione a terzi con finalità di investimento.
Su tali basi, ritenuto che la restituzione anticipata dell’immobile non potrà “mai costituire il ripristino di un preesistente equilibrio delle sfere giuridico-patrimoniali delle parti”, le Sezioni Unite hanno rimarcato “la correttezza di quanto desumibile dalle riflessioni della giurisprudenza maggioritaria […], secondo la quale il locatore, il quale abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per l’anticipata cessazione del rapporto da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore”.
Peraltro, tale conclusione è in qualche modo mitigata dall’affermazione, in punto di danno, circa l’assenza di qualsivoglia “automatismo in ipotesi volto a identificare, di necessità, il danno del locatore con l’insieme dei canoni non percepiti”.
Le Sezioni Unite, infatti, hanno precisato che, per conseguire il risarcimento dei danni, il locatore non potrà semplicemente limitarsi a lamentare il mancato pagamento dei canoni che gli sarebbero spettati fino alla data di scadenza del contratto di locazione, ma dovrà dimostrare di essersi – coerentemente con i principi di correttezza e buona fede che devono trovare applicazione anche nella “fase che segue la formale risoluzione degli effetti del negozio” – diligentemente attivato, non appena ottenuta la riconsegna dell’immobile, per reimmetterlo nuovamente sul mercato.
Dal che discende che “un atteggiamento di persistente ingiustificata inerzia del locatore nel riattivare le possibilità di recupero della redditività del proprio bene, a seguito della sua riacquistata disponibilità” legittimerà l’attribuzione della responsabilità per la mancata redditività dell’immobile in capo al locatore, sul quale graverà l’onere di provare che, nonostante la restituzione dell’immobile prima della scadenza del contratto, il danno costituito dalla mancata percezione del canone si è ugualmente verificato. Le Sezioni Unite, infine, hanno anche escluso in siffatte ipotesi la possibilità di fare applicazione in via analogica della regola dettata dall’art. 1591 c.c. (“Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”), rimarcando che detta norma disciplina le “sole conseguenze risarcitorie connesse al ritardo nella restituzione dell’immobile da parte del conduttore”.