Tribunale di Roma, Sez. Impresa, 22.11.2022, sentenza n°17314
La fattispecie trae origine da un’operazione di cessione di quote di s.r.l., alla luce della quale le parti – contestualmente all’atto di cessione – avevano sottoscritto una scrittura privata ricognitiva in cui si chiariva che la cessione avrebbe avuto quale giustificazione causale quella di estinguere un debito del cedente nei confronti del cessionario, con l’accordo di poter riscattare le quote una volta estinto il debito.
Il Tribunale di Roma, a seguito dell’attività istruttoria, ha sostenuto che il trasferimento “avvenne non in ragione di un accordo di scambio di natura sinallagmatica sibbene quale costituzione di garanzia per il soddisfacimento dei debiti dell’attore nei confronti del socio di maggioranza”: nella scrittura privata veniva esplicitato che la cessione fosse avvenuta non a fronte della ricezione di una somma di denaro contante – com’era invece indicato nell’atto di cessione – ma quale datio in solutum al fine di consentire il pagamento di taluni debiti, dei quali non viene indicato l’ammontare.
L’operazione de qua – come sostiene il Collegio – “ha ad oggetto un assetto di interessi illecito in quanto si prevede che le quote societarie siano trattenute in garanzia con facoltà di ripristino della situazione pregressa nell’ipotesi del pagamento del debito” e, pertanto, non è possibile definirla come un’operazione di scambio.
Si trattava di un contratto che, pur non integrando direttamente un patto commissorio – vietato dall’art. 2744 c.c. – presentava una causa concreta in violazione di tale norma.
Per causa concreta deve ritenersi “lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta) quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato” (Cass. Civ. Sez. III n°10490 dell’08/05/2006).
Il Tribunale ha così ritenuto di ravvisare nel contratto in esame la violazione del patto commissorio ex art. 2744 c.c., dichiarando l’illiceità dello stesso per elusione della normativa imperativa.
Alla luce della superiore pronuncia, è possibile sostenere che un contratto, pur non integrando direttamente un patto commissorio – vietato dall’art. 2744 c.c. – che presenti una causa concreta in violazione di tale norma, debba essere considerato nullo ai sensi dell’art. 2744 c.c. o, in ogni caso, ai sensi dell’art. 1344 c.c..